sabato 28 aprile 2012

A Reggio nell'Emilia per la "Liberazione"


Questi territori hanno dato vita alla resistenza e al movimento partigiano, sono stati protagonisti di tante battaglie per la conquista della libertà e della democrazia, hanno visto scorrere il sangue di molti uomini e donne , per consentire la nascita della Repubblica Italiana. 67 anni dopo, in nome degli stessi ideali di libertà e democrazia, per i quali molti hanno perso la vita, noi abbiamo il dovere morale di diffondere questi valori universali. Oggi il nostro paese, attraversa una forte crisi economica, una disaffezione verso la politica, un'inquietante penetrazione delle mafia nel tessuto produttivo, dalla consapevolezza di questo momento difficile e che il fenomeno mafioso non è più confinato ai territori d'origine ma purtroppo si estende all'Italia intera, deve nascere una nuova “resistenza”.
Una “resistenza” delle coscienze dei cittadini che devono imparare a riconoscere le mafie, la ndrangheta, per poterla respingere e creare gli anticorpi necessari. Occorre parlare, smitizzare l'invincibilità di un fenomeno che prospera grazie agli enormi profitti accumulati con i traffici illeciti. Si dice che la mafia sia liquida perché non si riesce a toccarla, si insinua in mille rivoli, si insinua nella quotidiana economia e nel mondo delle professioni non per migliorarle ma per distruggere la concorrenza, il mercato, avendo come unico obiettivo l'accumulo di ricchezza.
Il crimine non vuole bene ai propri territori, li impoverisce, perché crea dipendenza economica diventando datore di lavoro “legale”, gestendo il commercio e l'impresa.
Non bisogna pensare che sia un problema di una parte d'Italia, che forse è pure colpevole per questo.
E' per me e per tutti i calabresi onesti, una sofferenza essere assimilati come una regione di tutti collusi, verificare e scontare il pregiudizio che attraverso l'informazione in tv e nei giornali passa solo questo messaggio. C'è invece una calabria che resiste, si impegna, produce, affida la sua speranza alle nuove generazioni, cosciente però che il problema ndrangheta potrà affievolirsi solo quando sarà risolta la prima emergenza della mia regione che è il lavoro. C'è un binomio inscindibile tra mancanza di lavoro, bassa scolarizzazione e diventare affiliati alla ndrangheta. E finché ci saranno forze fresche, nuovi prestanome, nuovi fiancheggiatori la battaglia sarà difficile da vincere.
Per questo ognuno di noi deve fare la propria parte, chi è chiamato a fare il sindaco, il pubblico amministratore deve ricordare le parole che Dante scrisse ai fiorentini: “l'osservanza delle leggi se è libera non è schiavitù ma è stessa stessa suprema libertà” ma allo stesso tempo la società civile, ossia noi tutti insieme, dobbiamo tornare ad essere partigiani, non combattendo con le armi in pugno, ma respingendo l'assuefazione, la paura, l'indifferenza, il silenzio, di chi pensa che la lotta alla mafia, sia solo un compito demandato alla magistratura e alle forze dell'ordine.

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