sabato 30 marzo 2013

La Regione intervenga o stop ai pagamenti


L’emergenza rifiuti in Calabria non segna battute d’arresto ed il primo cittadino medmeo, stanco dell’inefficienza mostrata dagli organi preposti di fronte alle richieste avanzate dal proprio comune, si dice pronto a portare avanti azioni eclatanti, «inizieremo, ad esempio, a non pagare più la tassa sui rifiuti alla Regione Calabria se le richieste da noi avanzate a tale ente rimarranno inevase».
Il primo cittadino, coadiuvato da tutta la propria giunta, ha spiegato quanto sia  «intollerabile vedere un comune virtuoso come Rosarno (che paga puntualmente i tributi sulla spazzatura alla Regione) messo in ginocchio, al pari dei comuni morosi,  dalle empie scelte imposte da chi ha competenze ben precise e decide di non onorarle».
Rosarno infatti paga dazio per via della scelleratezza con la quale viene gestito il ciclo di smaltimento dei rifiuti a livello regionale: «in città vi sono quasi 250 tonnellate di rifiuti da smaltire – ha spiegato Elisabetta Tripodi – ed oltre a non poter conferire presso il termovalorizzatore di contrada “Cicerna”, va messo in evidenza il fatto che ci è stato imposto un limite giornaliero di smaltimento di 20 quintali  di rifiuti». Ciò che ne consegue è che l’amministrazione «deve fare i salti mortali per garantire un minimo di decoro urbano, impiegando anche i mezzi comunali ed applicando turni di raccolta notturni».
La cosa più grave risulta essere «il fatto di non avere interlocutori attendibili», visto che il sindaco in persona, accompagnato dall’assessore Fabrizio, si è più volte recato a Catanzaro, sia all’ufficio del commissario sia presso il dipartimento ambiente della regione, «senza avere risposte utili e subendo un vero e proprio scaricabarile da parte di entrambi gli uffici».
L’amministratrice, stanca della condotta del commissario all’emergenza rifiuti, il quale fino ad oggi «si è comportato in maniera arrogante, non degnando gli amministratori di alcuna risposta», ha sbottato spiegando che «è inconcepibile che a cittadine della stessa grandezza di Rosarno sia stato concesso di conferire fino a 50 tonnellate di rifiuti al giorno, mentre piccolissimi comuni ne conferiscano la nostra stessa quantità. Stiamo assistendo alla disfatta del raziocinio»,  con conseguente spreco di soldi, tempo e idee.
Da qui la presa di posizione forte del sindaco e dell’intera giunta comunale: «daremo tempo fino a martedì per ricevere risposte concrete. Se entro quel giorno non ci saranno date le garanzie richieste, unite al via libera a scaricare almeno 40 quintali al dì,  Rosarno, comune tra i più virtuosi in fatto di pagamenti,  bloccherà tutto e smetterà di saldare i propri debiti al commissario».
La Tripodi ha poi spiegato che «in attesa di una soluzione utile a farci uscire da questa impasse da parte della regione, il sito di stoccaggio provvisorio di contrada “Zimbario” è in allestimento» e ciò permetterà di evitare che si crei «una bomba ecologica in pieno centro urbano nel periodo estivo».
Da segnalare infine che «l’amministrazione è riuscita a bloccare una eclatante protesta organizzata nei giorni scorsi dagli abitanti di contrada “Bosco”», furiosi per il fatto di dover sopportare l’immondizia per strada nonostante la presenza dell’inceneritore a poche centinaia di metri dalle proprie abitazioni». Che dire: oltre al danno la beffa.
Francesco Comandè da Inquieto notizie

sabato 16 marzo 2013

Premio del Comune di Pisa


E' con grande piacere ed emozione che ho accolto la notizia del riconoscimento con cui la Città di Pisa mi ha voluto onorare attraverso la consegna della Torre d'Argento. Un premio così prestigioso è un riconoscimento  all'opera che la nostra amministrazione sta compiendo e che è apprezzata aldilà dei confini calabresi. Il buon senso e la rettitudine etica e morale devono rappresentare i cardini di un nuovo percorso che noi tutti siamo chiamati a seguire. Il Premio dell'Amministrazione Pisana è un incitamento verso noi amministratori del sud che abbiamo l'onere e l'onore di amministrare terre disagiate e, a volte, poco comprese.

giovedì 7 marzo 2013

Italiane e nuove Italiane

8 Marzo
Foto del Sindaco della settimana
Elisabetta Rosa Tripodi
Sindaca di Rosarno (RC)
ANCI.it
“Come donna avrei voluto che non fosse necessario ricordare questa giornata, non celebrarla più perché superflua, in nome di quella parità fra i sessi tanto agognata ma mai veramente raggiunta. E, invece, oggi più che mai bisogna ricordare per non dimenticare”.
di Francesa Romagnoli
“Ho accolto con entusiasmo l’invito della Fondazione Nilde Iotti a partecipare all’iniziativa Italiane e nuove Italiane per l’Italia, patrocinata dall’Anci, per deporre un omaggio floreale al Sacello del Milite Ignoto”.
Parole della sindaca di Rosarno (RC), Elisabetta Rosa Tripodi. “Come donna – ha detto - avrei voluto che non fosse necessario ricordare questa giornata, non celebrarla più perché superflua, in nome di quella parità fra i sessi tanto agognata ma mai veramente raggiunta. E, invece, oggi più che mai bisogna ricordare per non dimenticare”. Ma ha aggiunto: “Come si fa a dimenticare le tante donne che ogni giorno muoiono per mano di mariti, compagni, fidanzati che non accettano la fine di un amore così come le tante donne discriminate, mobbizzate, costrette a barattare la maternità con la perdita del posto di lavoro?
Ogni giorno – ha detto - le donne italiane si dividono tra molteplici compiti: sono mogli, madri, lavoratrici e casalinghe senza che vi sia un’adeguata rete di sostegno alla loro attività. E’ un correre contro il tempo senza che lo stesso sia armonizzato con i tempi delle donne e delle  famiglie”.
Per la sindaca Tripodi “avere inserito nell’iniziativa della Fondazione Nilde Iotti la partecipazione delle nuove italiane assume una forte valenza simbolica. Le italiane di seconda generazione vivono più delle altre, sulla loro pelle, il sentirsi differenti e non uguali, sono donne nate in Italia, qui vivono, studiano, lavorano, hanno imparato la nostra lingua e i nostri dialetti, si sentono italiane come noi cittadine, ma una legge vieta loro il diritto di essere tali”.
E ha aggiunto un significato in più alla giornata per celebrare la Festa della donna: “Per dire no a chi ancora oggi calpesta la dignità delle donne, per ricordare che non può esistere una barriera fra chi è italiana per sangue e chi, invece, nasce in Italia e ci vive senza poter diventare cittadina, per non dimenticare che la nostra Costituzione riconosce l’uguaglianza quale principio fondamentale della nostra Repubblica”. Quindi ha auspicato: “Celebriamo la giornata della donna in nome di tutte quelle donne che non hanno voce e per quelle che non possono o non vogliono essere protagoniste della loro vita, per quelle per le quali l’8 marzo sarà un giorno come un altro.
Proviamo tutte insieme, italiane e nuove italiane, a ribadire i nostri diritti, a rimuovere il tetto di cristallo che impedisce la nostra piena affermazione, a vincere una battaglia di civiltà che faccia dell’Italia un paese per donne. Proviamoci – ha concluso Tripodi - anche per le donne italiane di seconda generazione, per l’affermazione dei loro e dei nostri diritti”.

sabato 2 marzo 2013

Intervista della IV E, Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci”, Reggio Calabria


E’ il 3 gennaio 2013.Siamo accolti con gentilezza e prendiamo posto intorno ad un grande tavolo. Eravamo davvero ansiosi di incontrarla. Dopo qualche minuto, si sente un brusio nei corridoi. Ecco: è arrivata! La prima impressione è senz’altro positiva: una donna di bell’aspetto, elegante, raffinata e allo stesso tempo gentile e disponibile. Immediatamente cerca di metterci a nostro agio. E’ lei stessa a rivolgerci qualche domanda e sembra molto incuriosita e divertita dalla nostra iniziativa.
Mentre Alberto armeggia con la videocamera, è Lucia la prima a rompere il ghiaccio…

Vorremmo prima di tutto capire come è arrivata a questa scelta radicale di impegno civile. Sappiamo, ad esempio, che ha studiato giurisprudenza a Pavia. Come mai ha scelto di tornare?
In verità non ho deciso di tornare subito dopo la laurea. La mia attività lavorativa è iniziata in Lombardia. Poi, alla fine degli anni novanta, dopo essermi già sposata e dopo essere diventata madre, ho deciso di ritornare a Rosarno perché ho sentito il richiamo delle mie radici e ritenevo di poter dare un contributo alla mia terra,dalla quale ero fuggita a diciotto anni. La mia “fuga” era stata consapevole: avevo intenzione di studiare fuori, fare delle esperienze e confrontarmi con un mondo diverso. Una delle cause che mi ha spinta a tornare è stata anche la rilevanza politica che aveva la Lega in quelle regioni. Tuttavia, una volta rientrata, mi sono imbattuta in una realtà ben diversa da quella che mi aspettavo: ho trovato una città peggiorata sotto alcuni aspetti, in quanto c'era stata un'involuzione nel modo di vivere, di rapportarsi con gli altri. Nel corso del 2010, poi, alcuni avvenimenti mi hanno spinta ad accettare la candidatura a sindaco. Non mi ero mai interessata alla politica, ma, sia a causa del secondo scioglimento del comune per mafia nel 2008, sia a causa della rivolta degli immigrati, triste episodio che ha segnato uno dei momenti peggiori per questa comunità, dipinta come simbolo del razzismo e della 'ndrangheta, ho ritenuto di non poter restare più ferma a guardare: era giusto che tutti i cittadini dessero il loro contributo. Ho accettato dopo averci pensato a lungo, tra le sollecitazioni degli amici e la disapprovazione della mia famiglia, la quale non voleva che io accettassi questo impegno. Alla fine, però, ho accolto questa sfida. Per la nostra coalizione era difficile vincere; infatti negli ultimi anni c'era stato il dominio politico da parte della destra. Ma la gente ha creduto nella necessità di un cambiamento e ha votato la mia coalizione. Non sono pentita di questa scelta, anche se ha cambiato tutta la mia vita.

C'è stato un evento particolare che l’ha colpita e l’ha portata, nell'ambito della sua attività politica, a combattere la mafia?
In realtà non sento di essere una persona che combatte la mafia; secondo me questo compito spetta alle forze dell'ordine, alla magistratura e non al sindaco, il quale ha semplicemente il compito di far rispettare le regole. A mio parere, possiamo contribuire alla lotta contro la mafia davvero con dei piccoli gesti: possiamo costituirci in quanto amministrazione come parte civile, oppure complimentarci con le forze dell'ordine per l'arresto di un latitante, gesto ritenuto scontato ma per il quale io, ad esempio, sono stata "rimproverata" nella lettera minatoria che ho ricevuto la scorsa estate.
Era consapevole del fatto che sarebbe stata sottoposta a notevoli pressioni?
Pensavo che sarebbe stato difficile, ma non mi aspettavo che lo sarebbe stato così tanto. Dopo pochi mesi dalle elezioni, infatti, ho dovuto fare i conti con la realtà così radicata della criminalità organizzata, ma so anche che esiste tanta gente onesta desiderosa di cambiare questa realtà. Questa gente costituisce la maggioranza, ma, purtroppo, è tenuta sotto scacco. Molte persone mi hanno chiesto per quale motivo io abbia fatto questa scelta e io stessa mi sono posta questa domanda, considerando che avevo già un lavoro che mi permetteva di vivere tranquillamente; ma la convinzione del fatto che dobbiamo pur contribuire in prima persona se vogliamo cambiare la situazione mi aveva già dato la risposta. Il male del Sud sta forse anche in questo, ovvero nel delegare sempre agli altri un compito che spetterebbe anche a noi stessi.
Sono comunque convinta che il problema della 'ndrangheta è molto spesso un alibi per molti, poiché è evidente che ognuno sa qual è la situazione in base alla quale si deve comportare per respingere queste forme di pressione. In realtà c'è una forma di potere più forte che è quello di una politica che tenta continuamente di delegittimare il lavoro da noi svolto, attraverso accuse pubbliche anche in consiglio comunale o attraverso dei manifesti, azioni che molto spesso hanno fatto soffrire me e la mia famiglia. Ad esempio, mi hanno attaccata in quanto donna, dicendo che ho solo l’ambizione di realizzare una carriera personale, mi hanno accusata persino di essere solo il "sindaco degli Africani": tutti attacchi che agli uomini non sono mai stati fatti. Ma fortunatamente ho ricevuto anche molte soddisfazioni.

Quali sono le soddisfazioni che ha ricevuto?
Innanzitutto ho avuto la possibilità di girare in lungo e in largo per l’Italia e portare un’immagine di Rosarno diversa, fuori dagli stereotipi giornalistici e questo già mi riempie di soddisfazioni non per me stessa ma perché rendiamo conto del lavoro che stiamo svolgendo. E poi ho ricevuto dei premi come la ‘Mela d’oro’ della fondazione Bellisario che riconosce l’impegno delle donne, consegnatomi dal Ministro della Giustizia, Paola Severino, o ancora il premio “Joe Petrosino”, a favore delle donne impegnate sul fronte della legalità. Non sono importanti i premi in quanto tali, ma ciò che importa è che viene riconosciuta un’attività che gratifica non solo me in quanto sindaco ma tutta l’amministrazione.
Le soddisfazioni vengono anche dalla gente comune, le persone che, nonostante mi sia stata rivolta una campagna di odio, mi hanno incoraggiata a non mollare e a portare a termine l’importante impegno amministrativo. Purtroppo a Rosarno il sindaco non rimane in carica per più di due anni e questo impedisce il completamento di qualunque tipo di programmazione. Noi abbiamo avuto molti finanziamenti pubblici per poter disegnare un nuovo volto di Rosarno quindi l’impegno sarà rivolto soprattutto alla realizzazione di queste opere.

Come ha reagito alle minacce? In che modo lei ritiene sia opportuno reagire ad un'intimidazione mafiosa?
Ho reagito grazie alla ricerca e alla scoperta di una maggiore forza dentro me stessa. Ho capito, ad esempio, che la lettera di minaccia che ho ricevuto era in realtà un tentativo per sfiduciarmi, stancarmi e farmi arrendere. La consegnai subito ai carabinieri, dopo essermi resa conto che non si trattava di uno scherzo. Ma fu proprio questa lettera che mi fece comprendere che stavamo seguendo la strada giusta.
Tuttavia questa lettera ha cambiato la mia situazione personale e le sorti dell'amministrazione, perchè ci ha resi più uniti e più determinati. Siamo stati infatti consapevoli che alcune scelte effettuate nei primi mesi del mandato, come la costituzione di parte civile nei processi di mafia, assumevano una valenza fondamentale nel contesto cittadino. Circa venti giorni dopo l'intimidazione, infatti, è giunta la notizia che la sentenza del tribunale aveva stabilito come risarcimento a disposizione cinquanta milioni di euro, uno dei più grossi indennizzi mai riconosciuti ad un'amministrazione.

Come ha reagito la sua famiglia alle intimidazioni? Le hanno mai chiesto di mollare?
I miei figli lo chiedono sin dal primo giorno, non soltanto per le minacce, ma anche perché desiderano una madre che sia solo la loro madre e che assolva tutte le incombenze quotidiane, come stare in casa insieme a loro, oppure semplicemente che li accompagni a scuola, cose che purtroppo non riesco a fare a causa degli impegni. Non è facile infatti per loro pensare ad una madre che stia anche sui giornali e che sia un "personaggio", anche se col tempo stanno imparando ad accettarlo.
I miei familiari mi sono sempre stati accanto; ad esempio mio marito mi ha sempre sostenuta, ha avuto più fiducia in me di quanta io ne abbia avuta io stessa.
Gli occhi del sindaco si inumidiscono quando parla dei figli e dei sacrifici che comporta il lavoro nei confronti della famiglia, ma la voce rimane ferma, determinata.
Le istituzioni politiche,a livello nazionale, la hanno sostenuta? Oppure è vero che lo Stato è assente?
Nei miei confronti lo Stato non è stato assente, poiché non mi sono sentita sola,anzi sono convinta che spesso questa convinzione sia un "refrain". Ne è la prova il fatto che lo Stato abbia messo a disposizione la scorta. Io non mi sono mai schierata, in quanto il sindaco è già con il suo ruolo dalla parte della giustizia. Ho ricevuto infatti sin da subito tutto l'appoggio da parte delle istituzioni: magistratura, prefettura… Anche il Ministro dell'Interno, che allora era Maroni, mi ha chiamata subito per offrirmi il suo sostegno. Tuttavia è nella quotidianità che ci si sente più soli, quando, essendo visti come "baluardo" dello Stato, tutti i cittadini si rivolgono ai sindaci, ai consiglieri comunali per chiedere spiegazioni, aiuto o anche dare loro la colpa dei problemi quotidiani che riscontrano sul territorio. Per quanto riguarda la situazione dei migranti, da una parte devo ammettere comunque di esser stata piuttosto fortunata, poiché Rosarno era già nell’occhio del ciclone in seguito alla rivolta degli immigranti e ai grandi problemi legati alla criminalità, per cui abbiamo ricevuto un'attenzione particolare dalle istituzioni. Ciononostante, la situazione rimane difficile da affrontare e più volti siamo stati costretti a dichiarare lo stato di emergenza.

A proposito, ma la situazione dei migranti è migliorata rispetto a qualche anno fa? Si sta attuando un processo di integrazione con la popolazione locale oppure prevale la diffidenza?
Quello che è avvenuto a Rosarno è stata una ferita molto forte. Questo fenomeno esiste da sempre, di certo non nasce nel 2010, poiché c’era già da prima che arrivassi. Era da 20 anni che gli africani giungevano nel territorio di Rosarno e venivano accolti nell’assenza delle istituzioni. Oggi la situazione è più tranquilla dal punto di vista delle discriminazioni razziali, però è rimasta una certa paura di un’eventuale rivolta da parte della popolazione. Gli africani vengono a Rosarno stagionalmente, sei mesi l’anno da Ottobre ad Aprile. Abbiamo eliminato i ghetti all’interno del paese, sono state fatte delle strutture provvisorie che nel nostro territorio stanno avendo successo e ci sono dei progetti futuri anche a breve scadenza come l’allestimento dei prefabbricati, sempre nell’ottica dell’emergenza. La difficoltà di integrazione da parte degli africani sta nella loro permanenza a breve termine. Noi, per esempio, abbiamo tantissime comunità bulgare e rumene che sono stanziali e che addirittura hanno creato un loro quartiere. Gli africani invece sono giovani, uomini soli, poiché non c’è una famiglia che viene ad insediarsi a Rosarno. Le poche famiglie che si sono trasferite sono rimaste e si sono integrate, mentre la maggior parte tende a non restare e questo rende difficile l’integrazione. La situazione dal punto di vista dell’accoglienza sta migliorando e oggi stiamo lottando per l’eliminazione della baraccopoli che è sorta intorno alla tendopoli nell’area di San Ferdinando, progetto che probabilmente a metà Gennaio verrà attuato. Ma queste sono risposte in termini di emergenza perché per un paese di 15 mila abitanti affrontare tantissimi problemi legati a necessità di abitazione per un periodo di sei mesi non è facile, soprattutto dove sono presenti non solo immigrati nordafricani, ma anche provenienti dall’Est Europa, dalla Cina e dall’India. Manca un progetto a lungo termine: le istituzioni dovrebbero intervenire in modo più incisivo sotto questo aspetto. Rosarno è sicuramente una città multiculturale con tutte le problematiche connesse alla coesistenza di una lotta tra italiani poveri e immigrati.


Spesso si parla di infiltrazioni mafiose negli ambienti della politica. Secondo lei,è la mafia a cercare l'appoggio della politica oppure è la politica a cercare l'appoggio della mafia?

La mafia si allea dove c'è potere, è indifferente rispetto ai modelli politici. E' chiaro che c’è stata una disposizione della politica a cercare la mafia ed è proprio quello che stanno dimostrando le inchieste.

A noi giovani sembra spesso impossibile reagire alla mafia,una realtà che esiste da secoli e che sembra infestare prepotentemente la società calabrese in particolare. Cosa possiamo pare concretamente per contribuire alla lotta alla criminalità organizzata?

Secondo me ognuno nel proprio piccolo non deve mai scendere a compromessi e non deve accettare la cosiddetta "cultura mafiosa" che è più pericolosa della mafia in quanto tale. La società civile, nel momento in cui non accetta il sopruso, la raccomandazione, il caffè al bar, tutto quel sistema che grava sulla popolazione, nel momento in cui dice un semplice "no" costituisce una barriera contro tutto quel sistema che grava sulla popolazione.


Falcone affermava che “la mafia è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e una fine”. lei è d’accordo?
Bisogna crederci perché dà un senso all’attività di tutti i giorni. E’ chiaro che prima o poi finirà, non sapremo mai quando, ma non credo in tempi brevi. Noi non dobbiamo mitizzarla: le fiction a mio parere sono state deleterie, e lo sono ancora, soprattutto per i ragazzi. Vedo che si vuol far passare l’idea del mafioso come un eroe, un concetto estremamente pericoloso per delle menti ancora fragili. Anche le ragazze a volte ambiscono oggi a sposare un mafioso, come se rappresentasse una forma di ascesa sociale, perché è chiaro che un ragazzo col portafoglio pieno che ha la macchina lussuosa colpisce l’immaginazione delle ragazze più deboli. Però poi non sanno che la vita cambierà presto... Per questo mi preoccupo molto delle nuove generazioni: vedo spesso delle ragazze che fanno delle scelte assurde per il loro futuro.

Essere un sindaco donna pone dei limiti nella nostra società? Può costituire un problema?
Sono convinta che i cittadini siano stati molto più "moderni" di quanto si ritenesse. E' la politica ad porre tanti ostacoli alle donne, poiché viene sempre pensata come un'istituzione costituita da uomini. Infatti davanti ad una donna sindaco spesso accade che vi siano interlocutori che fanno molta fatica ad accettarla in quanto donna: spesso si cerca di non fare avere alle donne dei posti di primaria importanza.
Vi sono difatti non apparentemente ma sostanzialmente delle discriminazioni ancora oggi. Ad esempio, essere stata al centro dell’attenzione delle istituzioni e della stampa può avere infastidito una parte della politica e tutto questo lavoro viene poi trasformato in semplice ambizione, fine a se stessa.


Lei ritiene che il fatto che il sindaco fosse una donna abbia in qualche modo influenzato la reazione delle cosche?

Non credo che il mio lavoro abbia influenzato la reazione delle cosche; a mio parere il loro comportamento sarebbe comunque rimasto invariato, anche se il sindaco eletto fosse stato un uomo.

Ci incuriosisce molto il discorso della discriminazione delle donne nell’ambiente di lavoro e cerchiamo di saperne di più…

Perché ci sono così poche donne sindaco?
Quasi mai si lascia spazio alle donne; spesso non hanno la possibilità di candidarsi poiché, quando si tratta di assegnare dei ruoli di vertice, le donne sono costrette a indietreggiare.

Quindi, secondo lei, la donna non è realmente libera di affermarsi e di realizzare le proprie aspirazioni?

A mio parere, la donna è libera di affermarsi e sostengo questo proprio per la mia personale esperienza; naturalmente la donna ha bisogno di dimostrare le sue capacità molto più di un uomo. I dati rivelano che le donne si laureano con i volti più alti, ma poi nel lavoro esiste il famoso "tetto di cristallo", poiché c'è la difficoltà di coniugare la vita personale con quella lavorativa. Inoltre le donne hanno bisogno di avere accanto degli uomini che siano veramente disposti ad accettare il ruolo di una donna che sia più importante di loro. E questo non è facile.

Le donne nell'ambito della 'ndrangheta che ruolo hanno? Sono più spesso complici o riescono a ribellarsi?

A Rosarno se dovessimo "tipizzare" la società femminile della 'ndrangheta, posso rispondere che esistono tutti e due i tipi. La maggior parte sono delle vittime poiché sono "figlie o mogli della 'ndrangheta" e quindi assumono un ruolo attivo quando gli uomini ad esempio sono agli arresti oppure quando devono raccogliere del denaro. Sono convinta che nella matriarcale società calabrese, le donne abbiano spesso armato il braccio degli uomini della 'ndrangheta. Vi è però anche un ruolo nuovo, quello delle collaboratrici di giustizia. E’ avvenuto proprio a Rosarno con Giuseppina Pesce, una ragazza che ha deciso di sottrarsi al destino segnato per amore dei suoi figli. Lo stesso aveva fatto Maria Concetta Cacciola che, purtroppo, non ha potuto continuare a combattere ed è morta suicida .Per queste donne credo sia molto difficile collaborare, poiché questa azione implica uno sradicamento da quelli che sono i valori che vengono loro impressi dall’infanzia; solo l'amore per i figli e la consapevolezza dell'errata strada può portare a cambiare direzione. Mi ha molto colpito la lettera che è stata scritta dalla Cacciola alla madre, lettera in cui confidava di essere in possesso di molto denaro che però non le bastava, perchè non era quella la vita che desiderava per sè e per i suoi figli.

Data la disponibilità della nostra interlocutrice, proviamo ad inoltrarci su tematiche di carattere più generale.

Le donne spesso in Calabria, come in tante altre parti del mondo, sono oggetto di violenza fisica e psicologica. Quali sono le cause che la determinano e cosa si potrebbe fare per combattere lo scatenarsi dell'aggressività degli uomini nei confronti delle donne?

Il cosiddetto "femminicidio" è un problema esistente non solo a livello nazionale, ma ha una diffusione globale. E' un problema dell'uomo che spesso si sente debole e non riesce ad accettare un ruolo femminile di indipendenza. Di frequente i delitti passionali contro le donne sono causati dall’incapacità di accettare la fine di una storia d’amore. Infatti i numeri relativi ai dati di omicidi passionali sono molto elevati. Sono convinta che si debba partire proprio dalla educazione sia delle figlie femmine sia dei figli maschi, ai quali si dovrebbe dare l'esempio dello stereotipo di donna forte. A volte temo, per esempio, che i miei figli sceglieranno una donna "tradizionale" proprio per contrapporla a quel ruolo di donna forte che ha la loro madre; tuttavia spero che non la facciano poiché nell'educazione che sto trasmettendo loro riconoscono il ruolo della donna. Spesso siamo noi donne a sbagliare nell'educare i nostri figli maschi perché diamo loro il modello di donna "ancillare", anche se è difficile riuscirci poiché questo modello lo abbiamo interiorizzato da generazioni. Ho notato, per esempio, che al liceo che frequentano i miei figli al momento delle elezioni dei rappresentanti di istituto non ci fosse una ragazza candidata ed è come se avessimo fatto un passo indietro. Questo mi è sembrato molto negativo poiché significa che ancora non abbiamo superato gli stereotipi.

Che cosa significa, quindi, per lei essere donna oggi?
Vengo da una famiglia composta in prevalenza da donne: mia madre aveva un impiego e per questo ha educato me e le mie due sorelle spronandoci a pensare a noi e alla nostra carriera, quindi alla laurea, e a vivere la nostra vita; solo dopo sarebbe venuto il matrimonio e tutto il resto. Mio padre inoltre era molto intelligente: non ho mai subito condizionamenti per il fatto di non essere maschio, nessuna strada mi è stata preclusa, per cui mi sono sempre comportata come meglio credevo senza subire la mentalità che trent’anni fa poteva essere più antica. Non ho incontrato nessun ostacolo particolare ad essere donna nelle scelte che ho fatto. Le ho vissute ma le ho anche sempre superate, nell’affermazione dell’essere “io”, piuttosto che dell’essere donna. Però so che ancora non è facile, pur essendo giunti al 2013. Il mio rammarico più grande è quello di non avere una figlia femmina perché mi sarebbe piaciuto vivere attraverso i suoi occhi quella che è la realtà per i ragazzi di oggi e tramite i miei figli non riesco a viverlo poiché i maschi sono molto chiusi.

Cosa consiglierebbe ai suoi figli al momento di scegliere l’università? Partire o restare? Oppure partire per tornare, come ha fatto lei?
Non so quello che accadrà; le mie sorelle vivono fuori, sono partite e non sono più tornate, hanno lasciato la Calabria per frequentare l’università e lì hanno trovato il loro lavoro. Io consiglierei ai miei figli di partire per farsi un’idea del mondo perché la meta lavorativa non è più circoscritta in Italia, ma si estende anche in tutta Europa. Non ho mai perso la voglia di partire e non è sicuro che quando terminerò questo compito, andrò a vivere in un altro posto d’Italia. Ho trascorso i miei primi 33 anni di vita su e giù vivendo diverse esperienze e questo credo che mi abbia dato un orizzonte del mondo non chiuso e microcosmologico, non limitato alla sola Calabria. Io consiglierei a mio figlio di partire, ma, non solo da madre, ma anche da cittadina calabrese, gli consiglierei anche di tornare, se avrà qui possibilità di lavoro perché poi in questo consiste la sfida. Penso che non ci sia cosa più bella per i cervelli calabresi che lavorare in Calabria perché altrove ti sentirai sempre uno sradicato; i primi 18 anni di vita sono fondamentali, avrai sempre nostalgia di quelli che sono stati i tuoi affetti e della possibilità di guardare negli occhi le persone e sapere già chi sono.

Non avremmo mai voluto interrompere questa conversazione che ci coinvolge moltissimo, ma è giunta l’ora di andare.
Dopo aver fatto una foto ricordo insieme al sindaco e averla ringraziata per la disponibilità che ci ha accordato, ci siamo avviati a malincuore alla stazione. Durante il viaggio di ritorno, ripensando al lungo scambio di opinioni che avevamo avuto, abbiamo avvertito con maggiore consapevolezza il coraggio e la tenacia di questa donna eccezionale che, a prezzo di tante rinunce e di una strenua lotta quotidiana, tenta di cambiare la nostra difficile realtà.


Alberto Astrologo
Marco Chirico
Lucia Lombardo
Rosy Romeo
Fortunata Sapone