Questi territori hanno dato
vita alla resistenza e al movimento partigiano, sono stati
protagonisti di tante battaglie per la conquista della libertà e
della democrazia, hanno visto scorrere il sangue di molti uomini e
donne , per consentire la nascita della Repubblica Italiana. 67 anni
dopo, in nome degli stessi ideali di libertà e democrazia, per i
quali molti hanno perso la vita, noi abbiamo il dovere morale di
diffondere questi valori universali. Oggi il nostro paese, attraversa
una forte crisi economica, una disaffezione verso la politica,
un'inquietante penetrazione delle mafia nel tessuto produttivo, dalla
consapevolezza di questo momento difficile e che il fenomeno mafioso
non è più confinato ai territori d'origine ma purtroppo si estende
all'Italia intera, deve nascere una nuova “resistenza”.
Una “resistenza” delle
coscienze dei cittadini che devono imparare a riconoscere le mafie,
la ndrangheta, per poterla respingere e creare gli anticorpi
necessari. Occorre parlare, smitizzare l'invincibilità di un
fenomeno che prospera grazie agli enormi profitti accumulati con i
traffici illeciti. Si dice che la mafia sia liquida perché non si
riesce a toccarla, si insinua in mille rivoli, si insinua nella
quotidiana economia e nel mondo delle professioni non per migliorarle
ma per distruggere la concorrenza, il mercato, avendo come unico
obiettivo l'accumulo di ricchezza.
Il crimine non vuole bene ai propri territori, li
impoverisce, perché crea dipendenza economica diventando datore di
lavoro “legale”, gestendo il commercio e l'impresa.
Non bisogna pensare che sia
un problema di una parte d'Italia, che forse è pure colpevole per
questo.
E' per me e per tutti i
calabresi onesti, una sofferenza essere assimilati come una regione
di tutti collusi, verificare e scontare il pregiudizio che attraverso l'informazione in tv e nei giornali passa solo questo messaggio. C'è
invece una calabria che resiste, si impegna, produce, affida la sua
speranza alle nuove generazioni, cosciente però che il problema
ndrangheta potrà affievolirsi solo quando sarà risolta la prima emergenza della
mia regione che è il lavoro. C'è un binomio inscindibile tra mancanza
di lavoro, bassa scolarizzazione e diventare affiliati alla
ndrangheta. E finché ci saranno forze fresche, nuovi prestanome,
nuovi fiancheggiatori la battaglia sarà difficile da vincere.
Per questo ognuno di noi deve
fare la propria parte, chi è chiamato a fare il sindaco, il pubblico
amministratore deve ricordare le parole che Dante scrisse ai
fiorentini: “l'osservanza delle leggi se è libera non è schiavitù
ma è stessa stessa suprema libertà” ma allo stesso tempo la
società civile, ossia noi tutti insieme, dobbiamo tornare ad essere
partigiani, non combattendo con le armi in pugno, ma respingendo
l'assuefazione, la paura, l'indifferenza, il silenzio, di chi pensa
che la lotta alla mafia, sia solo un compito demandato alla
magistratura e alle forze dell'ordine.