sabato 22 febbraio 2014

intervista ad MNews.IT

«La legalità va praticata non proclamata»

Rosarno (Reggio Calabria) – L’incontro con Elisabetta Tripodi presso Palazzo San Giovanni Battista - ancor più pregiato in quanto inaspettato - dal 2010 alla guida del Comune  di Rosarno, ci ha restituito solo la conferma netta circa la preesistente sensazione di aver potuto apprezzare ancor meglio l’operato d’una persona politicamente vivida, scevra da preconcetti, impegnata a ridare lustro e decoro alla sua città ma, nel contempo, fermamente decisa ad asseverare il suo ruolo di donna costruttrice di una  società del sud migliore che passa attraverso l’impegno civile diretto e non delegato di una politica sana che sappia applicare  le regole a favore di tutti. Con lei – a margine delle recenti interviste televisive di Porta a Porta, Otto e Mezzo passando per quella pubblicata ai primi di gennaio sull’autorevole Financial Times, nel corso delle quali ha espresso chiaramente e senza riserve i suoi convincimenti in materia di contrasto alla criminalità organizzata, e nell’occasione in cui le è stato tributato un attestato di stima per il suo impegno istituzionale per la valorizzazione del Mezzogiorno dagli artigiani del corallo della Conti Creazioni di Sciacca, consegnato per mezzo dell’orafo Gianluca Versace - abbiamo potuto avere una piacevole conversazione durante la quale sono emerse qualità e testimonianze di una pregevole figura di donna, caparbiamente temperata ma in prima fila, espressione di una fondamentale rigenerazione politica calabrese che intende spendersi,sine conditio, nella quotidiana battaglia a favore della legalità.
-          Sindaco Tripodi, qual è l’apporto che possono - e forse, devono - dare le donne del sud al sud?
Quello delle donne è un apporto fondamentale in una società profondamente segnata dall’impronta matriarcale quale è la nostra. Il cambiamento verso il meglio, che dovrebbe essere poi una scelta quotidiana, passa attraverso la voglia di riscatto ed il mutamento di una mentalità angusta che ancora al sud è strisciante, fornendo peraltro stereotipi culturali che vanno superati. E la politica è certamente l’arma migliore per partecipare a questo rinnovamento, anche se per le donne, come si sa, gli spazi sono abbastanza limitati e compressi dall’avidità maschile al potere. Ed è anche per questo che il sud ha decisamente bisogno del merito delle donne.
-          A suo avviso, qual è la priorità di cui il sud ha più urgente bisogno per poter ripartire?
Più scuola, più istruzione significano meno manovalanza a buon mercato alla malavita e più possibilità di progresso. Ritengo indispensabile un generale rinnovamento - in primis - della classe dirigente e politica per poter dare la chance necessaria di sviluppo che il nostro sud attende da tempo.
-          Cosa significa, da donna, essere Sindaco di una città ricca di storia ma con tanti problemi come Rosarno ed allo stesso tempo un simbolo (prezioso) del contrasto alla ndrangheta?
Ho sempre rigettato le etichette. Anche se si parla di Rosarno preminentemente per fatti legali alla criminalità organizzata io mi sto sforzando di far comprendere a tutti i miei interlocutori istituzionali, partendo dall’informazione, che la mia città è composta da cittadini perbene ed onesti per troppo tempo schiacciati da questo cliché per colpa d’una esigua minoranza. Nei miei concittadini vedo tanta voglia di riscatto ed io ho il privilegio di interpretare questo loro sentimento che è anche il mio.
-          In che modo si può - al giorno d’oggi - nobilitare il sostantivo legalità?        
Veda, legalità è una parola di cui si è troppo abusato. E’ stata addirittura logorata o svuotata di contenuti. Il modo migliore per restituirle il valore che merita è semplicemente facendo ciascuno il proprio dovere nel quotidiano, secondo le proprie competenze. La legalità va più praticata che proclamata. E noi, con la nostra amministrazione, abbiamo scelto di fare questo percorso insieme, applicando le regole allo stesso modo per tutti anche se ciò significa talvolta scontrarsi con vecchi cattivi retaggi. Personalmente ho avuto ed ho più paura della malapolitica che della ndrangheta, perché la mafia è stata spesso un alibi utilizzato per non fare le cose che invece andavano fatte.
-          Sindaco, quando sarà possibile vivere la nostra bellissima terra più sereni per come essa merita e quindi senza l’oppressione della ndrangheta? In altre parole, la ndrangheta cesserà mai di esistere?
Inutile illudersi, credo di no. Su questo sono abbastanza pessimista soprattutto per via della grande ricchezza economica che la criminalità ha accumulato nel tempo e che ne rende molto difficile il contrasto. Lo Stato gioca una partita essenziale e la potrebbe vincere solo ottimizzando gli strumenti che ha a disposizione se non addirittura dotandosi di nuovi e più necessari. Basti pensare che so, all’Agenzia dei Beni Sequestrati e Confiscati che non  riesce a valorizzare ed impiegare i beni, le risorse ed i patrimoni passati in mano alla Stato per via di pastoie burocratiche che ne inceppano il funzionamento in danno alle altre istituzioni od ai cittadini. Dunque, almeno nell’immediato, se non cambiano le cose in seno al sistema d’establishment è molto difficile che non si debbano fare i conti con le mafie. Ma una cosa la si può fare sin da subito: se ne può ridurre il peso specifico, marginalizzandole, circoscrivendole ed isolandole con un processo che è - prima di tutto – culturale. La repressione e la prevenzione da sole non bastano se non si concedono anche sviluppo ed occupazione in territori che, come il nostro, vivono i drammi della disperazione quotidiana.   

Giuseppe Campisi

l'intervista su MNews.it