E’
il 3 gennaio 2013.Siamo accolti con gentilezza e prendiamo posto
intorno ad un grande tavolo. Eravamo davvero ansiosi di incontrarla.
Dopo qualche minuto, si sente un brusio nei corridoi. Ecco: è
arrivata! La prima impressione è senz’altro positiva: una donna di
bell’aspetto, elegante, raffinata e allo stesso tempo gentile e
disponibile. Immediatamente cerca di metterci a nostro agio. E’ lei
stessa a rivolgerci qualche domanda e sembra molto incuriosita e
divertita dalla nostra iniziativa.
Mentre
Alberto armeggia con la videocamera, è Lucia la prima a rompere il
ghiaccio…
Vorremmo
prima di tutto capire come è arrivata a questa scelta radicale di
impegno civile. Sappiamo, ad esempio, che ha studiato giurisprudenza
a Pavia. Come mai ha scelto di tornare?
In
verità non ho deciso di tornare subito dopo la laurea. La mia
attività lavorativa è iniziata in Lombardia. Poi, alla fine degli
anni novanta, dopo essermi già sposata e dopo essere diventata
madre, ho deciso di ritornare a Rosarno perché ho sentito il
richiamo delle mie radici e ritenevo di poter dare un contributo alla
mia terra,dalla quale ero fuggita a diciotto anni. La mia “fuga”
era stata consapevole: avevo intenzione di studiare fuori, fare delle
esperienze e confrontarmi con un mondo diverso. Una delle cause che
mi ha spinta a tornare è stata anche la rilevanza politica che aveva
la Lega in quelle regioni. Tuttavia, una volta rientrata, mi sono
imbattuta in una realtà ben diversa da quella che mi aspettavo: ho
trovato una città peggiorata sotto alcuni aspetti, in quanto c'era
stata un'involuzione nel modo di vivere, di rapportarsi con gli
altri. Nel corso del 2010, poi, alcuni avvenimenti mi hanno spinta ad
accettare la candidatura a sindaco. Non mi ero mai interessata alla
politica, ma, sia a causa del secondo scioglimento del comune per
mafia nel 2008, sia a causa della rivolta degli immigrati, triste
episodio che ha segnato uno dei momenti peggiori per questa comunità,
dipinta come simbolo del razzismo e della 'ndrangheta, ho ritenuto di
non poter restare più ferma a guardare: era giusto che tutti i
cittadini dessero il loro contributo. Ho accettato dopo averci
pensato a lungo, tra le sollecitazioni degli amici e la
disapprovazione della mia famiglia, la quale non voleva che io
accettassi questo impegno. Alla fine, però, ho accolto questa sfida.
Per la nostra coalizione era difficile vincere; infatti negli ultimi
anni c'era stato il dominio politico da parte della destra. Ma la
gente ha creduto nella necessità di un cambiamento e ha votato la
mia coalizione. Non sono pentita di questa scelta, anche se ha
cambiato tutta la mia vita.
C'è
stato un evento particolare che l’ha colpita e l’ha portata,
nell'ambito della sua attività politica, a combattere la mafia?
In
realtà non sento di essere una persona che combatte la mafia;
secondo me questo compito spetta alle forze dell'ordine, alla
magistratura e non al sindaco, il quale ha semplicemente il compito
di far rispettare le regole. A mio parere, possiamo contribuire alla
lotta contro la mafia davvero con dei piccoli gesti: possiamo
costituirci in quanto amministrazione come parte civile, oppure
complimentarci con le forze dell'ordine per l'arresto di un
latitante, gesto ritenuto scontato ma per il quale io, ad esempio,
sono stata "rimproverata" nella lettera minatoria che ho
ricevuto la scorsa estate.
Era
consapevole del fatto che sarebbe stata sottoposta a notevoli
pressioni?
Pensavo
che sarebbe stato difficile, ma non mi aspettavo che lo sarebbe stato
così tanto. Dopo pochi mesi dalle elezioni, infatti, ho dovuto fare
i conti con la realtà così radicata della criminalità organizzata,
ma so anche che esiste tanta gente onesta desiderosa di cambiare
questa realtà. Questa gente costituisce la maggioranza, ma,
purtroppo, è tenuta sotto scacco. Molte persone mi hanno chiesto per
quale motivo io abbia fatto questa scelta e io stessa mi sono posta
questa domanda, considerando che avevo già un lavoro che mi
permetteva di vivere tranquillamente; ma la convinzione del fatto che
dobbiamo pur contribuire in prima persona se vogliamo cambiare la
situazione mi aveva già dato la risposta. Il male del Sud sta forse
anche in questo, ovvero nel delegare sempre agli altri un compito che
spetterebbe anche a noi stessi.
Sono comunque convinta che il
problema della 'ndrangheta è molto spesso un alibi per molti, poiché
è evidente che ognuno sa qual è la situazione in base alla quale si
deve comportare per respingere queste forme di pressione. In realtà
c'è una forma di potere più forte che è quello di una politica che
tenta continuamente di delegittimare il lavoro da noi svolto,
attraverso accuse pubbliche anche in consiglio comunale o attraverso
dei manifesti, azioni che molto spesso hanno fatto soffrire me e la
mia famiglia. Ad esempio, mi hanno attaccata in quanto donna, dicendo
che ho solo l’ambizione di realizzare una carriera personale, mi
hanno accusata persino di essere solo il "sindaco degli
Africani": tutti attacchi che agli uomini non sono mai stati
fatti. Ma fortunatamente ho ricevuto anche molte soddisfazioni.
Quali
sono le soddisfazioni che ha ricevuto?
Innanzitutto
ho avuto la possibilità di girare in lungo e in largo per l’Italia
e portare un’immagine di Rosarno diversa, fuori dagli stereotipi
giornalistici e questo già mi riempie di soddisfazioni non per me
stessa ma perché rendiamo conto del lavoro che stiamo svolgendo. E
poi ho ricevuto dei premi come la ‘Mela d’oro’ della fondazione
Bellisario che riconosce l’impegno delle donne, consegnatomi dal
Ministro della Giustizia, Paola Severino, o ancora il premio “Joe
Petrosino”, a favore delle donne impegnate sul fronte della
legalità. Non sono importanti i premi in quanto tali, ma ciò che
importa è che viene riconosciuta un’attività che gratifica non
solo me in quanto sindaco ma tutta l’amministrazione.
Le
soddisfazioni vengono anche dalla gente comune, le persone che,
nonostante mi sia stata rivolta una campagna di odio, mi hanno
incoraggiata a non mollare e a portare a termine l’importante
impegno amministrativo. Purtroppo a Rosarno il sindaco non rimane in
carica per più di due anni e questo impedisce il completamento di
qualunque tipo di programmazione. Noi abbiamo avuto molti
finanziamenti pubblici per poter disegnare un nuovo volto di Rosarno
quindi l’impegno sarà rivolto soprattutto alla realizzazione di
queste opere.
Come
ha reagito alle minacce? In che modo lei ritiene sia opportuno
reagire ad un'intimidazione mafiosa?
Ho
reagito grazie alla ricerca e alla scoperta di una maggiore forza
dentro me stessa. Ho capito, ad esempio, che la lettera di minaccia
che ho ricevuto era in realtà un tentativo per sfiduciarmi,
stancarmi e farmi arrendere. La consegnai subito ai carabinieri, dopo
essermi resa conto che non si trattava di uno scherzo. Ma fu proprio
questa lettera che mi fece comprendere che stavamo seguendo la strada
giusta.
Tuttavia questa lettera ha cambiato la mia situazione
personale e le sorti dell'amministrazione, perchè ci ha resi più
uniti e più determinati. Siamo stati infatti consapevoli che alcune
scelte effettuate nei primi mesi del mandato, come la costituzione di
parte civile nei processi di mafia, assumevano una valenza
fondamentale nel contesto cittadino. Circa venti giorni dopo
l'intimidazione, infatti, è giunta la notizia che la sentenza del
tribunale aveva stabilito come risarcimento a disposizione cinquanta
milioni di euro, uno dei più grossi indennizzi mai riconosciuti ad
un'amministrazione.
Come
ha reagito la sua famiglia alle intimidazioni? Le hanno mai chiesto
di mollare?
I
miei figli lo chiedono sin dal primo giorno, non soltanto per le
minacce, ma anche perché desiderano una madre che sia solo la loro
madre e che assolva tutte le incombenze quotidiane, come stare in
casa insieme a loro, oppure semplicemente che li accompagni a scuola,
cose che purtroppo non riesco a fare a causa degli impegni. Non è
facile infatti per loro pensare ad una madre che stia anche sui
giornali e che sia un "personaggio", anche se col tempo
stanno imparando ad accettarlo.
I miei familiari mi sono sempre
stati accanto; ad esempio mio marito mi ha sempre sostenuta, ha avuto
più fiducia in me di quanta io ne abbia avuta io stessa.
Gli
occhi del sindaco si inumidiscono quando parla dei figli e dei
sacrifici che comporta il lavoro nei confronti della famiglia, ma la
voce rimane ferma, determinata.
Le
istituzioni politiche,a livello nazionale, la hanno sostenuta? Oppure
è vero che lo Stato è assente?
Nei
miei confronti lo Stato non è stato assente, poiché non mi sono
sentita sola,anzi sono convinta che spesso questa convinzione sia un
"refrain". Ne è la prova il fatto che lo Stato abbia messo
a disposizione la scorta. Io non mi sono mai schierata, in quanto il
sindaco è già con il suo ruolo dalla parte della giustizia. Ho
ricevuto infatti sin da subito tutto l'appoggio da parte delle
istituzioni: magistratura, prefettura… Anche il Ministro
dell'Interno, che allora era Maroni, mi ha chiamata subito per
offrirmi il suo sostegno. Tuttavia è nella quotidianità che ci si
sente più soli, quando, essendo visti come "baluardo"
dello Stato, tutti i cittadini si rivolgono ai sindaci, ai
consiglieri comunali per chiedere spiegazioni, aiuto o anche dare
loro la colpa dei problemi quotidiani che riscontrano sul territorio.
Per quanto riguarda la situazione dei migranti, da una parte devo
ammettere comunque di esser stata piuttosto fortunata, poiché
Rosarno era già nell’occhio del ciclone in seguito alla rivolta
degli immigranti e ai grandi problemi legati alla criminalità, per
cui abbiamo ricevuto un'attenzione particolare dalle istituzioni.
Ciononostante, la situazione rimane difficile da affrontare e più
volti siamo stati costretti a dichiarare lo stato di emergenza.
A
proposito, ma la situazione dei migranti è migliorata rispetto a
qualche anno fa? Si sta attuando un processo di integrazione con la
popolazione locale oppure prevale la diffidenza?
Quello
che è avvenuto a Rosarno è stata una ferita molto forte. Questo
fenomeno esiste da sempre, di certo non nasce nel 2010, poiché c’era
già da prima che arrivassi. Era da 20 anni che gli africani
giungevano nel territorio di Rosarno e venivano accolti nell’assenza
delle istituzioni. Oggi la situazione è più tranquilla dal punto di
vista delle discriminazioni razziali, però è rimasta una certa
paura di un’eventuale rivolta da parte della popolazione. Gli
africani vengono a Rosarno stagionalmente, sei mesi l’anno da
Ottobre ad Aprile. Abbiamo eliminato i ghetti all’interno del
paese, sono state fatte delle strutture provvisorie che nel nostro
territorio stanno avendo successo e ci sono dei progetti futuri anche
a breve scadenza come l’allestimento dei prefabbricati, sempre
nell’ottica dell’emergenza. La difficoltà di integrazione da
parte degli africani sta nella loro permanenza a breve termine. Noi,
per esempio, abbiamo tantissime comunità bulgare e rumene che sono
stanziali e che addirittura hanno creato un loro quartiere. Gli
africani invece sono giovani, uomini soli, poiché non c’è una
famiglia che viene ad insediarsi a Rosarno. Le poche famiglie che si
sono trasferite sono rimaste e si sono integrate, mentre la maggior
parte tende a non restare e questo rende difficile l’integrazione.
La situazione dal punto di vista dell’accoglienza sta migliorando e
oggi stiamo lottando per l’eliminazione della baraccopoli che è
sorta intorno alla tendopoli nell’area di San Ferdinando, progetto
che probabilmente a metà Gennaio verrà attuato. Ma queste sono
risposte in termini di emergenza perché per un paese di 15 mila
abitanti affrontare tantissimi problemi legati a necessità di
abitazione per un periodo di sei mesi non è facile, soprattutto dove
sono presenti non solo immigrati nordafricani, ma anche provenienti
dall’Est Europa, dalla Cina e dall’India. Manca un progetto a
lungo termine: le istituzioni dovrebbero intervenire in modo più
incisivo sotto questo aspetto. Rosarno è sicuramente una città
multiculturale con tutte le problematiche connesse alla coesistenza
di una lotta tra italiani poveri e immigrati.
Spesso
si parla di infiltrazioni mafiose negli ambienti della politica.
Secondo lei,è la mafia a cercare l'appoggio della politica oppure è
la politica a cercare l'appoggio della mafia?
La
mafia si allea dove c'è potere, è indifferente rispetto ai modelli
politici. E' chiaro che c’è stata una disposizione della politica
a cercare la mafia ed è proprio quello che stanno dimostrando le
inchieste.
A
noi giovani sembra spesso impossibile reagire alla mafia,una realtà
che esiste da secoli e che sembra infestare prepotentemente la
società calabrese in particolare. Cosa possiamo pare concretamente
per contribuire alla lotta alla criminalità organizzata?
Secondo
me ognuno nel proprio piccolo non deve mai scendere a compromessi e
non deve accettare la cosiddetta "cultura mafiosa" che è
più pericolosa della mafia in quanto tale. La società civile, nel
momento in cui non accetta il sopruso, la raccomandazione, il caffè
al bar, tutto quel sistema che grava sulla popolazione, nel momento
in cui dice un semplice "no" costituisce una barriera
contro tutto quel sistema che grava sulla popolazione.
Falcone
affermava che “la mafia è un fatto umano e come tutti i fatti
umani ha un inizio e una fine”. lei è d’accordo?
Bisogna
crederci perché dà un senso all’attività di tutti i giorni. E’
chiaro che prima o poi finirà, non sapremo mai quando, ma non credo
in tempi brevi. Noi non dobbiamo mitizzarla: le fiction a mio parere
sono state deleterie, e lo sono ancora, soprattutto per i ragazzi.
Vedo che si vuol far passare l’idea del mafioso come un eroe, un
concetto estremamente pericoloso per delle menti ancora fragili.
Anche le ragazze a volte ambiscono oggi a sposare un mafioso, come se
rappresentasse una forma di ascesa sociale, perché è chiaro che un
ragazzo col portafoglio pieno che ha la macchina lussuosa colpisce
l’immaginazione delle ragazze più deboli. Però poi non sanno che
la vita cambierà presto... Per questo mi preoccupo molto delle nuove
generazioni: vedo spesso delle ragazze che fanno delle scelte assurde
per il loro futuro.
Essere
un sindaco donna pone dei limiti nella nostra società? Può
costituire un problema?
Sono
convinta che i cittadini siano stati molto più "moderni"
di quanto si ritenesse. E' la politica ad porre tanti ostacoli alle
donne, poiché viene sempre pensata come un'istituzione costituita da
uomini. Infatti davanti ad una donna sindaco spesso accade che vi
siano interlocutori che fanno molta fatica ad accettarla in quanto
donna: spesso si cerca di non fare avere alle donne dei posti di
primaria importanza.
Vi sono difatti non apparentemente ma
sostanzialmente delle discriminazioni ancora oggi. Ad esempio, essere
stata al centro dell’attenzione delle istituzioni e della stampa
può avere infastidito una parte della politica e tutto questo lavoro
viene poi trasformato in semplice ambizione, fine a se stessa.
Lei
ritiene che il fatto che il sindaco fosse una donna abbia in qualche
modo influenzato la reazione delle cosche?
Non
credo che il mio lavoro abbia influenzato la reazione delle cosche; a
mio parere il loro comportamento sarebbe comunque rimasto invariato,
anche se il sindaco eletto fosse stato un uomo.
Ci
incuriosisce molto il discorso della discriminazione delle donne
nell’ambiente di lavoro e cerchiamo di saperne di più…
Perché
ci sono così poche donne sindaco?
Quasi
mai si lascia spazio alle donne; spesso non hanno la possibilità di
candidarsi poiché, quando si tratta di assegnare dei ruoli di
vertice, le donne sono costrette a indietreggiare.
Quindi,
secondo lei, la donna non è realmente libera di affermarsi e di
realizzare le proprie aspirazioni?
A
mio parere, la donna è libera di affermarsi e sostengo questo
proprio per la mia personale esperienza; naturalmente la donna ha
bisogno di dimostrare le sue capacità molto più di un uomo. I dati
rivelano che le donne si laureano con i volti più alti, ma poi nel
lavoro esiste il famoso "tetto di cristallo", poiché c'è
la difficoltà di coniugare la vita personale con quella lavorativa.
Inoltre le donne hanno bisogno di avere accanto degli uomini che
siano veramente disposti ad accettare il ruolo di una donna che sia
più importante di loro. E questo non è facile.
Le
donne nell'ambito della 'ndrangheta che ruolo hanno? Sono più spesso
complici o riescono a ribellarsi?
A
Rosarno se dovessimo "tipizzare" la società femminile
della 'ndrangheta, posso rispondere che esistono tutti e due i tipi.
La maggior parte sono delle vittime poiché sono "figlie o mogli
della 'ndrangheta" e quindi assumono un ruolo attivo quando gli
uomini ad esempio sono agli arresti oppure quando devono raccogliere
del denaro. Sono convinta che nella matriarcale società calabrese,
le donne abbiano spesso armato il braccio degli uomini della
'ndrangheta. Vi è però anche un ruolo nuovo, quello delle
collaboratrici di giustizia. E’ avvenuto proprio a Rosarno con
Giuseppina Pesce, una ragazza che ha deciso di sottrarsi al destino
segnato per amore dei suoi figli. Lo stesso aveva fatto Maria
Concetta Cacciola che, purtroppo, non ha potuto continuare a
combattere ed è morta suicida .Per queste donne credo sia molto
difficile collaborare, poiché questa azione implica uno sradicamento
da quelli che sono i valori che vengono loro impressi dall’infanzia;
solo l'amore per i figli e la consapevolezza dell'errata strada può
portare a cambiare direzione. Mi ha molto colpito la lettera che è
stata scritta dalla Cacciola alla madre, lettera in cui confidava di
essere in possesso di molto denaro che però non le bastava, perchè
non era quella la vita che desiderava per sè e per i suoi figli.
Data
la disponibilità della nostra interlocutrice, proviamo ad inoltrarci
su tematiche di carattere più generale.
Le
donne spesso in Calabria, come in tante altre parti del mondo, sono
oggetto di violenza fisica e psicologica. Quali sono le cause che la
determinano e cosa si potrebbe fare per combattere lo scatenarsi
dell'aggressività degli uomini nei confronti delle donne?
Il
cosiddetto "femminicidio" è un problema esistente non solo
a livello nazionale, ma ha una diffusione globale. E' un problema
dell'uomo che spesso si sente debole e non riesce ad accettare un
ruolo femminile di indipendenza. Di frequente i delitti passionali
contro le donne sono causati dall’incapacità di accettare la fine
di una storia d’amore. Infatti i numeri relativi ai dati di omicidi
passionali sono molto elevati. Sono convinta che si debba partire
proprio dalla educazione sia delle figlie femmine sia dei figli
maschi, ai quali si dovrebbe dare l'esempio dello stereotipo di donna
forte. A volte temo, per esempio, che i miei figli sceglieranno una
donna "tradizionale" proprio per contrapporla a quel ruolo
di donna forte che ha la loro madre; tuttavia spero che non la
facciano poiché nell'educazione che sto trasmettendo loro
riconoscono il ruolo della donna. Spesso siamo noi donne a sbagliare
nell'educare i nostri figli maschi perché diamo loro il modello di
donna "ancillare", anche se è difficile riuscirci poiché
questo modello lo abbiamo interiorizzato da generazioni. Ho notato,
per esempio, che al liceo che frequentano i miei figli al momento
delle elezioni dei rappresentanti di istituto non ci fosse una
ragazza candidata ed è come se avessimo fatto un passo indietro.
Questo mi è sembrato molto negativo poiché significa che ancora non
abbiamo superato gli stereotipi.
Che
cosa significa, quindi, per lei essere donna oggi?
Vengo
da una famiglia composta in prevalenza da donne: mia madre aveva un
impiego e per questo ha educato me e le mie due sorelle spronandoci a
pensare a noi e alla nostra carriera, quindi alla laurea, e a vivere
la nostra vita; solo dopo sarebbe venuto il matrimonio e tutto il
resto. Mio padre inoltre era molto intelligente: non ho mai subito
condizionamenti per il fatto di non essere maschio, nessuna strada mi
è stata preclusa, per cui mi sono sempre comportata come meglio
credevo senza subire la mentalità che trent’anni fa poteva essere
più antica. Non ho incontrato nessun ostacolo particolare ad essere
donna nelle scelte che ho fatto. Le ho vissute ma le ho anche sempre
superate, nell’affermazione dell’essere “io”, piuttosto che
dell’essere donna. Però so che ancora non è facile, pur essendo
giunti al 2013. Il mio rammarico più grande è quello di non avere
una figlia femmina perché mi sarebbe piaciuto vivere attraverso i
suoi occhi quella che è la realtà per i ragazzi di oggi e tramite i
miei figli non riesco a viverlo poiché i maschi sono molto chiusi.
Cosa
consiglierebbe ai suoi figli al momento di scegliere l’università?
Partire o restare? Oppure partire per tornare, come ha fatto lei?
Non
so quello che accadrà; le mie sorelle vivono fuori, sono partite e
non sono più tornate, hanno lasciato la Calabria per frequentare
l’università e lì hanno trovato il loro lavoro. Io consiglierei
ai miei figli di partire per farsi un’idea del mondo perché la
meta lavorativa non è più circoscritta in Italia, ma si estende
anche in tutta Europa. Non ho mai perso la voglia di partire e non è
sicuro che quando terminerò questo compito, andrò a vivere in un
altro posto d’Italia. Ho trascorso i miei primi 33 anni di vita su
e giù vivendo diverse esperienze e questo credo che mi abbia dato un
orizzonte del mondo non chiuso e microcosmologico, non limitato alla
sola Calabria. Io consiglierei a mio figlio di partire, ma, non solo
da madre, ma anche da cittadina calabrese, gli consiglierei anche di
tornare, se avrà qui possibilità di lavoro perché poi in questo
consiste la sfida. Penso che non ci sia cosa più bella per i
cervelli calabresi che lavorare in Calabria perché altrove ti
sentirai sempre uno sradicato; i primi 18 anni di vita sono
fondamentali, avrai sempre nostalgia di quelli che sono stati i tuoi
affetti e della possibilità di guardare negli occhi le persone e
sapere già chi sono.
Non
avremmo mai voluto interrompere questa conversazione che ci coinvolge
moltissimo, ma è giunta l’ora di andare.
Dopo
aver fatto una foto ricordo insieme al sindaco e averla ringraziata
per la disponibilità che ci ha accordato, ci siamo avviati a
malincuore alla stazione. Durante il viaggio di ritorno, ripensando
al lungo scambio di opinioni che avevamo avuto, abbiamo avvertito con
maggiore consapevolezza il coraggio e la tenacia di questa donna
eccezionale che, a prezzo di tante rinunce e di una strenua lotta
quotidiana, tenta di cambiare la nostra difficile realtà.
Alberto
Astrologo
Marco
Chirico
Lucia
Lombardo
Rosy
Romeo
Fortunata
Sapone